Translate

sabato 16 marzo 2013

ETOSHA - Breve racconto


Sempre nell'attesa della sintesi fotografica del viaggio in Laos, ho il piacere di ospitare un racconto di un mio carissimo amico, Eppe Zampieri, che si diletta a scrivere brevi racconti.
A presto



ETOSHA

Ogni sera, al tramonto, lo stesso rito.
Esce e si accoda agli altri: tante falene in cerca della notte.
Arrivato alla pozza, sistema i suoi attrezzi, nel tentativo di trovare in quegli scatti qualcosa di più.
E’ una sfida che si rinnova ad ogni viaggio, e ogni volta lo vede perdente.
Quei click rimangono sempre e solo figure di luoghi, persone, animali, a volte suggestive,  ma immagini.
Quei brividi che gli stingono le budella, che gli si piantano nello stomaco non li trova più.
Le ombre, calano rapidamente.
Le sequenze degli animali che si abbeverano alla pozza si ripetono con la precisione fissata da secoli di sete.
Una gerarchia scritta nelle spirali del dna.
Prima le gazzelle  e le zebre, che si avvicinano con circospezione come faceva da bambino quando con gli amici andava rubare ciliegie nel campo de vicino. Nervoso, tendendo le orecchie ad ogni fruscio che poteva  indicare l’arrivo del contadino con il bastone in mano.
Poi le giraffe, barche beccheggianti in un mare ondoso. Con le teste che spuntano dalle fronde di acacia e con le zampe anteriori piegate come un compasso per raggiungere l’acqua, con la bocca in cima ad un collo senza fine.
Un barrito simile un suono di corno e arrivano gli elefanti mentre le giraffe abbandonano il campo con timore ma anche con una evidente sensazione di ingiustizia.
Hanno un incedere regale. Sventolano le loro grandi orecchie come vessilli, senza curarsi minimamente di chi e cosa abbattono nel loro cammino.
E poi la notte.
Tutto sembra fermarsi; c’è solo qualche sciacallo che si muove a zig zag come l’ultimo avventore di un bar.
Quella sera, senza essersi annunciato, arriva lui: un samurai.
Veste la corazza della battaglia e sul muso i due corni aguzzi, balenano come le spade sguainate del guerriero.
L’occhio che spunta, piccolo, dall’elmo sembra di vetro, senza alcuna espressione.
Non si cura di guardare in giro: chi può avere la stupida idea di dare noia ad un rinoceronte?
Avanza senza alcuna fretta. Compiendo un passo dopo l’altro.
I tempi sono dilatati come in una rappresentazione del teatro giapponese.
Non esprime né paura né titubanza, interpreta un copione che conosce alla perfezione per averlo recitato da sempre.
Per percorrere i dieci metri che dividono la boscaglia da quel liquido color caffelatte ci mette una vita.
Lui lo osserva dal mirino retinato della sua reflex e preme senza sosta il pulsante di scatto; d’un tratto realizza che tutto è troppo fermo.
L’animale non muove un muscolo.
Scosta l’occhio dalla camera e, nell’oscurità, dall’altra parte dello stagno, vede muoversi qualcosa.
Lentamente sta entrando in scena un secondo attore: un altro rinoceronte.
Il tempo è sospeso.
I due paiono vivere in due mondi diversi tanto uguali ma tanto distanti come materia e antimateria.
E’ evidente che nessuno dei due vuole dividere l’acqua con l’altro.
L’avanzata è fatta di passi appena accennati ma diretti come un raggio laser, anche se l’incontro sembra essere programmato per un’altra era.
La macchina fotografica rimane silenziosa.
E’ la prima volta da quando è arrivato in Namibia.
La sua prima Africa.
Lo aveva stregato con i suoi paesaggi che materializzavano le illustrazioni dell’atlante in cui aveva, mille volte, scorrazzato da bambino vivendo avventure entusiasmanti.
Le città fantasma dei cercatori di diamanti avvolte in un mare di sabbia che davano l’impressione di un vuoto angoscioso dopo un rastrellamento.
Le coste, in cui una nebbia setosa faceva intravedere lugubri scheletri di navi che non avrebbero più preso il mare.
Le savane, in cui immancabili springbok balzavano a quattro zampe come stantuffi di un treno.
Le cordigliere di dune che si tingevano di tutti i colori dell’oro
Una cartolina che, osservata con attenzione, metteva in risalto l’assurdo numero di persone contagiate dal virus dell’HIV, il luccichio di lamiera delle bidonville di Windhoek, la mancanza di nativi di pelle nera alla guida di qualsiasi attività.
Una nazione subequatoriale in cui si festeggia l’October Fest e, in pieno deserto, si trovano pasticcerie che offrono strudel che sembrano usciti da un forno viennese.
Aveva perso la concezione del tempo.
Un sibilo ruvido come una lima e una nuvola di polvere lo fanno tornare alla realtà.
In un attimo realizza che i due lottatori sono vicino fino a sfiorarsi.
Tutto è accaduto in un lampo.
Sospesi nell’aria sono rimasti solo alcuni granelli di polvere.
La tensione ha coinvolto tutti, nessuno emette un fiato.
Tutti sono convinti che l’uragano possa scoppiare da un momento all’altro.
Altri interminabili minuti, forse decine di minuti, nella più completa immobilità: due sfingi.
Poi senza nessun preavviso uno dei due contendenti, come fosse scattata una invisibile molla, gira su se stesso e, col fare di chi si ricorda di avere un appuntamento a cui non può mancare, riguadagna la boscaglia.
Dopo un po’ l’altro, come un giocatore di poker che non tradisce alcuna emozione, senza bere, decide che è tempo di andare a dormire.
La macchina fotografica è ferma ai primi scatti della contesa.
Svita gli obiettivi, toglie il cavalletto, mette tutto nella sacca e torna, senza rimpianti, a riposare.


 Eppe Zampieri


 Gorizia 10 maggio 2011




giovedì 14 marzo 2013

LAOS - Considerazioni sul viaggio











Cari amici, eccoci giunti alla fase conclusiva del viaggio in Laos e alle mie considerazioni a mente fredda oltre, come vi avevo annunciato, alle note organizzative.



Prima impressione: per quanto riguarda le etnie, decisamente sotto le aspettative. Siamo arrivati troppo tardi. Mi spiego meglio: alcuni villaggi che abbiamo visitato erano dei nuovi insediamenti, anche se costruiti con criteri originali, dovuti allo spostamento di queste popolazioni dalla montagna verso zone più facilmente raggiungibili con strade, energia elettrica, acqua ecc., quindi non più "veri". Spostamento più o meno coatto.

Per queste popolazioni, chiaramente, si tratta di un deciso miglioramento della qualità della vita ma per me, fotografo alla ricerca di un'arcadia sempre più scarna e remota, non è stato il massimo. I villaggi ancora integri con gli abitanti con i costumi tradizionali si trovano a giorni di cammino sulle creste di impervie montagne....non ho più l'età e, soprattutto, il peso di una volta. Per dirla in dialetto veneto....cresse ea pansa e caea el fià! Cresce la pancia e cala la forza!
Il paese sta attraversando una fase di imponente trasformazione con il contributo massiccio della Cina. A Phongsali, la città più a nord che abbiamo visitato, la gente è più cinese che locale. Si trova a 1400 m di altitudine e gode di un bellissimo panorama (che noi non abbiamo visto a causa di una forte foschia). Nei dintorni, però, si stanno compiendo degli scempi ambientali come, ad es., una miniera a cielo aperto e numerose deforestazioni per fare posto a coltivazioni di prodotti che saranno esportate in Cina.
Seconda considerazione: i laotiani sono persone davvero speciali, sempre gentili e cortesi, timidi, non alzano mai la voce, sorridenti, disponibili e, soprattutto, i bambini non sono assillanti come succede molto spesso in altre parti del mondo. Ci si sente sempre a proprio agio. Non esiste microcriminalità e le donne possono andare in giro da sole senza alcun problema.
Terzo: essendo il Laos una repubblica democratica di ispirazione comunista, pensavo che la religione, in questo caso il buddismo, fosse quanto meno poco tollerata, invece è esattamente il contrario. Ci sono decine e decine di templi buddisti, tutti con i loro monaci e tutti molto frequentati dalla popolazione locale.
Abbiamo avuto la fortuna di assistere alla "candle light festival", un'importante celebrazione buddista che avviene al plenilunio del terzo mese del calendario lunare del buddismo theravada, nel nostro caso, lunedì 25 febbraio. E' stata una festa molto, molto suggestiva e coinvolgente. 
I monaci li vedi dappertutto, danno una nota di colore e anche di serenità che non mi aspettavo.
Quarta e ultima considerazione: quattro giorni di discesa lungo il fiume Nam Ou da Phongsali a Luang Prabang. Sono stati dei giorni, per me, emozionanti, su imbarcazioni apparentemente fragili, su questo fiume a tratti con delle brevi ma poco rassicuranti rapide; ai lati ripidissime pareti rocciose o tratti di giungla ancora integra. Lato negativo, abbiamo visto pochissima fauna selvatica, solo qualche “martin pescatore”.
In definitiva è stato un viaggio molto piacevole, tranquillo con qualche ombra ma con molte luci.

Il viaggio, dal punto di vista organizzativo, è andato benissimo. Tour Operator locale assolutamente affidabile. Ottime Guide, ottimi mezzi, cortesia e disponibilità.
Voli aerei da Venezia a Bangkok, con la Qatar, più che buoni. Da Bangkok a Luang Prabang con la Bangkok Airways, piccoli aerei ma ottimo servizio.


Nel dettaglio:
Agenzia Viaggi: Movida Viaggi di Montebelluna
Tour Operator locale: Nakarath Travel, gestito da Francesco Esposito, italiano che vive da anni in Laos.
Guida: Dao (email: southummavong@yahoo.com),  un ragazzo molto preparato e simpatico parla, però, solo inglese. Di fatto non esistono guide locali che parlano italiano. Quelle poche che lo parlano sono thailandesi.
Non credo sia opportuno dilungarmi ulteriormente. Se volete ulteriori informazioni, posso mandarvi su richiesta l'intero programma con relativi costi o qualsiasi informazione a voi utile. Inviate la richiesta al seguente indirizzo: lucianovett23@gmail.com .

A presto

P.S. Vorrei fare un appello: durante i miei viaggi nei paesi in via di sviluppo fatti negli ultimi 10-15 anni ho visto ovunque una crescente e preoccupante deforestazione. Di fatto stiamo uccidendo il pianeta oltre che noi stessi. Una piccola cosa che possiamo fare contro questo scempio è sostenere le Associazioni che si occupano seriamente di ambiente. Faccio un nome per tutte, Greenpeace.
Se potete, fatelo! 






Laos


Laos


Laos



Laos



Laos

Laos

Laos

Laos

Laos


Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos


Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos, cimici

Laos, larve di formica


Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos


Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos


Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos


Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos


Laos

Laos

Laos


Laos

Laos



Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos


Laos

Laos

Laos

Laos


Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos


Laos

Laos

Laos

Laos

Laos


Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

v

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos



Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos



Laos


Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos


Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos

Laos


Laos

Laos